Nel silenzio luminoso di Via Garibaldi, dove i fasti del Cinquecento incontrano le inquietudini della modernità, Palazzo Nicolosio Lomellino apre le sue sale a una mostra che è insieme racconto, indagine e riscoperta. Ottocento al tramonto. Plinio Nomellini a Genova tra modernità e simbolismo riporta alla luce un momento cruciale della storia artistica italiana e genovese, quando la pittura si fece strumento di pensiero, di impegno e di libertà.
Plinio Nomellini, nato a Livorno nel 1866, formatosi accanto a Giovanni Fattori e ai maestri della “macchia”, arriva a Genova nel 1890, in una città che in quegli anni si sta trasformando in laboratorio della modernità industriale e civile. La sua presenza coincide con un decennio di intensi fermenti culturali, politici e sociali: Genova è porto, officina, arena di idee nuove, ma anche crocevia di visioni artistiche che anticipano il nuovo secolo. È in questo contesto che l’artista compie una rivoluzione personale: abbandona la solida costruzione toscana per una pittura di luce vibrante e di tensione emotiva, aprendo la strada a una delle esperienze più profonde del divisionismo italiano.
La mostra, curata da Agnese Marengo e Maurizio Romanengo, propone oltre cinquanta opere di Nomellini e dei suoi contemporanei, in un percorso che attraversa la sua intera stagione genovese, dal 1890 al 1902. Tele, disegni e incisioni – molti dei quali inediti o provenienti da collezioni private – raccontano il suo dialogo costante tra realtà e sogno, tra la cronaca del presente e l’evocazione di un mondo interiore. L’artista osserva la città con lo sguardo di chi vi cerca la bellezza del lavoro e la dignità della fatica: nei porti, nelle fabbriche, nei volti degli operai che diventano simbolo di una nuova umanità.
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Il percorso espositivo si apre con i paesaggi liguri: marine e colline che Nomellini traduce in vibrazioni cromatiche, dove la luce non è più semplice elemento naturale ma sostanza morale. Seguono le opere che segnano la svolta sociale del pittore,
come La diana del lavoro, manifesto della pittura civile italiana di fine secolo. Il drammatico episodio dell’arresto per anarchia nel 1894 introduce la fase più lirica e simbolica: l’artista, dopo la prigionia, rielabora la tensione politica in chiave poetica, trovando nella natura e nel mito un linguaggio capace di esprimere la ricerca di armonia e di libertà interiore.

Nel cuore del percorso si colloca Sera di marzo, straordinario affresco del suo “cenacolo di Albaro”, dove pittura e poesia si intrecciano in un’atmosfera sospesa tra realtà e visione. Qui la casa dell’artista diventa luogo d’incontro per scrittori e poeti come Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, in un clima di intensa sperimentazione simbolista. L’immagine emblematica della mostra, Le Lucciole, chiude idealmente questa stagione: il paesaggio si fa sogno, la luce diventa memoria, la pittura un varco verso l’invisibile.
A completare il racconto, una sezione dedicata al rapporto tra Nomellini e La Riviera Ligure, la rivista fondata dai fratelli Novaro a Oneglia che seppe coniugare arte, industria e modernità. I bozzetti per i manifesti dell’Olio Sasso, le illustrazioni e le grafiche mostrano un artista capace di anticipare la cultura visiva del Novecento, trasformando la comunicazione commerciale in linguaggio artistico.
Attorno a Nomellini, la mostra ricostruisce il dialogo con i maestri e gli amici che ne condivisero la ricerca: Giovanni Fattori e Telemaco Signorini, ma anche Pellizza da Volpedo, Edoardo De Albertis, Federico Maragliano, Angelo Torchi, Pompeo Mariani. Le loro opere, poste in dialogo, restituiscono la vitalità di un ambiente artistico che, a Genova, trovò terreno fertile per un nuovo linguaggio pittorico, visionario e insieme analitico.
Non poteva esserci sede più evocativa di Palazzo Nicolosio Lomellino per ospitare questo racconto. Edificato nel Cinquecento e reso celebre dagli affreschi di Bernardo Strozzi, il palazzo fu nell’Ottocento la dimora di Andrea Podestà, sindaco e promotore del rinnovamento urbano della città. Oggi, grazie alla passione e al mecenatismo dell’Associazione Palazzo Lomellino di Strada Nuova APS, il palazzo si conferma uno dei centri più vivaci della cultura genovese, capace di coniugare ricerca scientifica, tutela e divulgazione.
Ottocento al tramonto non è soltanto un tributo a un maestro del divisionismo e del simbolismo, ma una riflessione sull’eredità di un secolo che chiude e apre epoche, che trasforma l’arte in linguaggio civile e spirituale. È un invito a leggere la Genova di allora come specchio della nostra contemporaneità: città di contrasti e di incontri, di lavoro e di bellezza, di luce che non si spegne, ma continua a interrogare chi la osserva.


