Il fenomeno del Liberty in Sardegna si manifesta in modo distintivo nell’architettura, in particolare nella decorazione delle superfici edili, con una presenza marcata degli elementi caratteristici del movimento. Questa tendenza, che si sviluppa principalmente a partire dalla cessione del Regno di Sardegna al Piemonte e dalla sua integrazione nel nuovo stato unitario, risente della lontananza dalle esperienze storiche del contesto catalano e spagnolo, ma si inserisce in un respiro nazionale e, più precisamente, “internazionalista” nella storia artistica sarda. Tale fenomeno acquisisce una valenza popolare, divenendo una scelta consolidata tra le maestranze locali.
Nonostante ciò, il fenomeno si inserisce anche in un orizzonte più ampio, con peculiarità che lo distinguono in modo significativo dalle espressioni italiane del medesimo movimento. A livello formale, le facciate sarde presentano ornamenti floreali in cemento, mascheroni stilizzati, linee sinuose intorno alle aperture, richiami alla moda neobarocca e a un amalgama di stili storicistici che si manifestano nel passaggio dall’Art Nouveau. Tali elementi, tuttavia, si sviluppano lungo un arco temporale esteso, caratterizzato da un andamento discontinuo, a tratti anticipatorio e a tratti regressivo, che si traduce in un intreccio di tentativi di innovazione e tradizioni più antiche. Nei centri rurali, in particolare, si riprendono tradizioni locali arcaiche e decorazioni tipiche, come nel caso di Ittiri, dove sono visibili motivi floreali ispirati ai tappeti, o a Macomer, con intagli in legno che richiamano la tradizione catalana, mentre altrove si riscontrano reminiscenze dei retabli e della lavorazione del pane, a dimostrazione di un processo di reinvenzione artistica che coesiste con un sincero desiderio di modernità. Quest’ultimo, inteso come un cambiamento della “sovrastruttura”, emerge chiaramente da un contesto storico in cui le strutture architettoniche locali si trovano ad affrontare un significativo ritardo.
Da un altro punto di vista, il Liberty in Sardegna si differenzia notevolmente rispetto ad altre aree italiane per l’introduzione di modifiche architettoniche più radicali. L’arte della decorazione delle superfici si fonde con una tendenza emersa dalla ricerca di Corrado Maltese e Renata Serra, che sottolinea una disposizione planare e cromatica delle forme artistiche, parallela alle tradizioni locali dei tappeti e dell’intaglio del legno, nonché all’accentuata espressione grottesca e caricaturale delle immagini. Il “moderno” viene assimilato attraverso un approccio che mantiene radici antiche, ma che consente un profondo cambiamento nella pianificazione degli spazi abitativi e nell’urbanistica, specialmente nelle zone rurali, dove si osserva un crescente spostamento della facciata verso la strada e una trasformazione dell’ingresso domestico, che tende a scomparire come spazio di isolamento e a diventare un punto di relazione con l’ambiente urbano. Questo processo porta a un significativo incremento della “cittadinizzazione” dei centri abitati, specialmente nella zona campidanese.
L’espansione del Liberty risulta particolarmente evidente nel sud dell’isola, dove l’industria, la presenza di porti, miniere e un’agricoltura più sviluppata favoriscono una maggiore diffusione di stili architettonici derivati da influenze esterne. La costruzione del Palazzo Civico di Cagliari rappresenta un esempio emblematico di questa evoluzione, che si distingue per la capacità di adattare modelli internazionali a una specifica realtà sarda. A differenza di altre aree dell’isola, come il nord, dove il movimento giunge in ritardo e assume forme più diverse, talvolta influenzate dall’Art Déco, l’influenza del Liberty si fa sentire con maggiore intensità nel sud, dove i modelli sono adattati, imitati e trasformati in una maniera che risponde alle caratteristiche locali, a tal punto da essere “sardizzati”.
Al contrario, nel nord dell’isola, ad eccezione di alcune città come Macomer e Bosa, il fenomeno si presenta in maniera sporadica e in alcuni casi si fa risalire a influenze più recenti. In particolare, nelle città di Nuoro e Oristano, si registra una quasi totale assenza di tracce significative del Liberty, mentre nelle aree minerarie come Iglesias e il bacino di S. Antioco, la presenza del movimento si fa più precoce, grazie anche alla presenza di tecnici forestieri impegnati nell’organizzazione delle miniere, che ha favorito una più stretta adesione ai modelli “continentali” fino agli anni Venti del Novecento.