SICILIA LIBERTY. Esempi della grande bellezza dell’Art Nouveau

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25 Giu

L’architettura Liberty nella Sicilia orientale, in particolare nelle città di Catania e Caltagirone e nelle province di Siracusa e Ragusa, è emersa come un’area di interesse nell’ambito delle ricerche sull’architettura Liberty italiana. Prima dell’inizio di tali indagini, non esisteva una bibliografia sistematica né una chiara identificazione del fenomeno, e la conoscenza del Liberty siciliano era limitata soprattutto alla figura di Ernesto Basile. L’unico altro nome associato a questo stile era quello dell’architetto catanese Francesco Fichera, allievo di Basile. L’interesse per il periodo iniziale del Novecento si è sviluppato tardivamente, anche rispetto ai centri e ai protagonisti principali di questa fase architettonica. Tuttavia, attraverso un’attenta analisi delle riviste d’architettura d’epoca, è stato possibile raccogliere i primi dati documentali riguardanti le opere di Fichera e scoprire la figura di Saverio Fragapane, un architetto dimenticato attivo a Caltagirone, contribuendo così alla delineazione di un importante nucleo di architettura Liberty di elevata qualità. Le indagini sul campo hanno consentito di verificare e localizzare numerosi edifici, alcuni dei quali precedentemente sconosciuti, appartenenti a professionisti noti solo da testimonianze locali o di autori non identificabili, ma comunque degni di attenzione. Tuttavia, la documentazione archivistica necessaria a completare e consolidare queste ricerche è stata fortemente compromessa: l’archivio del Comune di Catania è stato distrutto da un incendio, quello di Caltagirone è parzialmente consultabile, mentre gli archivi degli architetti, soprattutto per quanto riguarda le prime fasi della loro attività, sono frammentari o inesistenti, tranne nel caso di Fragapane, il cui lavoro è ben documentato grazie alla cura con cui i suoi eredi hanno preservato disegni e fotografie. Di conseguenza, la bibliografia e la pubblicistica locale hanno assunto un’importanza fondamentale come fonti di riferimento. La scarsa attenzione che l’arte dell’epoca fine Ottocento-primi Novecento ha ricevuto da parte degli studiosi, rispetto all’interesse per il Barocco, ha contribuito alla perdita di numerose notizie e alla distruzione di testimonianze, causata anche dall’intensa speculazione edilizia a partire dalla fine degli anni ’50. Il deterioramento e la scomparsa del Liberty sono stati anche influenzati da motivi sociali: la decadenza dell’aristocrazia e i mutamenti nei valori della borghesia e della classe imprenditoriale hanno portato alla sostituzione di villini e palazzine con edifici più funzionali e redditizi. Questo cambiamento è avvenuto prima che il Liberty fosse riconosciuto come una testimonianza di valore della civiltà architettonica. Le difficoltà nel ricostruire la storia e il contesto culturale di questa architettura sono legate al suo stato frammentario e al degrado di molti edifici, che hanno subito trasformazioni o sono stati in gran parte distrutti. I dati emersi dallo studio, sebbene non definitivi, sono significativi e giustificano l’uso dell’espressione “Liberty della Sicilia orientale” per descrivere questo fenomeno. Un’osservazione preliminare riguarda la relazione tra la rilevanza delle città e il numero di edifici Liberty presenti; Catania e Caltagirone dominano il panorama, riflettendo l’importanza che il Liberty ha avuto in queste località. Fa eccezione il caso di Messina, per la quale sono documentate poche architetture di rilievo, a causa delle difficoltà nel condurre indagini più approfondite, legate alla ricostruzione della città dopo il terremoto del 1909. In questa città, l’architettura privata di prestigio mostra influenze di Basile, mentre altrove il Liberty appare in forme tarde e pesanti. Siracusa, al contrario, conserva poche testimonianze di architettura Liberty, con l’eccezione del lavoro di Avolio, il professionista locale più attivo, che rimase estraneo al nuovo stile. L’influenza di Ernesto Basile si avverte anche nell’area orientale, sia per la presenza di sue opere, sia attraverso i suoi allievi Fichera e Fragapane, che si ispirano al medioevo e al Rinascimento siciliano, ma con esiti personali, coerenti con le tendenze degli anni dieci del Novecento. Altri architetti, come Lanzerotti e Silvestri Amari, hanno contribuito alla diffusione del linguaggio basiliano, mentre in alcuni casi l’influenza di Basile si manifesta attraverso l’importazione di stili palermitani in piccoli centri come Licata, grazie all’opera del decoratore Gregorietti e dei prodotti della ditta Ducrot. Tuttavia, il panorama del Liberty in questa regione non si esaurisce nell’influenza di Basile; altre fonti e tendenze locali hanno contribuito alla diversificazione del movimento. A Catania, la situazione è caratterizzata da un panorama architettonico complesso, dove prevale un eclettismo accademico, visibile soprattutto nelle residenze di prestigio dei primi decenni del secolo, senza una direzione unitaria ma permeata dallo spirito progressista e dalla curiosità per le novità che hanno segnato l’espansione economica e industriale. Accanto a figure di spicco come Fichera e Lanzerotti, molti architetti e ingegneri hanno adottato il nuovo stile come una decorazione più che come una trasformazione strutturale, influenzati dallo Jugendstil e dalle Secessioni, e proponendo motivi decorativi che fondono elementi barocchi locali con influenze esotiche e arabo-moresche. In alcuni casi, la decorazione Liberty si limita a ornare edifici convenzionali, affermando la libertà stilistica nella mescolanza di stili. Caltagirone, rispetto a Catania, offre un quadro più unitario e coerente, con una tradizione architettonica ottocentesca consolidata e la continua presenza di interventi di architetti qualificati, come G.B.F. Basile e G.B. Nicastro, e di artigiani locali nella scultura in terracotta. La trasformazione urbanistica della città, influenzata dall’ideale di un comune autonomo e dal contributo di Sturzo, ha portato a un’architettura che unisce passato e presente, con un equilibrio tra revival medievalistico e nuove forme. A Caltagirone, Fragapane ha progettato edifici pubblici e villini di prestigio, ma anche abitazioni economiche e da reddito, che rappresentano modelli validi per i piccoli centri. La sua abilità nel lavorare con la pietra locale ha garantito l’efficacia decorativa degli ornamenti Liberty. L’importanza della decorazione, anche in ambito minore, è evidente nelle case unifamiliari costruite nei piccoli centri dell’area sud-orientale, dove l’architettura si è evoluta in stretta relazione con l’artigianato locale. L’espansione edilizia e l’emergere di un artigianato decorativo hanno permesso a molti strati sociali di accedere a case abbellite da ornamenti moderni, con conseguenti opportunità di occupazione nell’edilizia. L’influenza delle scuole di formazione professionale, come la Scuola d’Arte applicata all’Industria di Siracusa, ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione del nuovo stile. Fusero, insegnante e direttore della scuola, ha introdotto lo studio delle piante come fonte decorativa, formando gli studenti su tecniche moderne di trasposizione dei motivi naturali in decorazioni plastiche e pittoriche, con risultati di grande freschezza. Sebbene l’incidenza della scuola sulla decorazione dei centri provinciali non sia completamente documentata, è evidente che i modelli Liberty diffusi dalla scuola sono stati applicati anche in altri contesti, contribuendo alla formazione di una cultura decorativa condivisa. L’adozione di questi modelli è stata facilitata anche dalla pubblicistica e dai viaggi, che hanno fornito spunti per la creazione di nuove opere, alcune delle quali sono diventate vere e proprie reinterpretazioni di stili Liberty provenienti da altre regioni. L’ampiezza e la varietà del Liberty in Sicilia orientale riflettono la complessità di un movimento che, pur nella sua varietà, ha mostrato una forte dimensione internazionale, con una continua ricerca di innovazione che ha coinvolto sia gli operatori che i committenti.

L’Esposizione Agricola Siciliana che si svolse a Catania nel 1907, concepita per mostrare i progressi dell’agricoltura, delle industrie e delle arti in Sicilia in un contesto di confronto nazionale, documenta un periodo di grande espansione economica e fiducia nel futuro industriale della regione, un momento che coincide con l’adozione dell'”arte nuova”. I padiglioni progettati dall’ingegnere Franco e il chiosco Inserra del Malerba esprimevano una ricca varietà di motivi strutturali e decorativi, molti dei quali liberamente ispirati agli edifici esposti nella mostra di Milano del 1906 e all’Esposizione Agricola di Palermo del 1902, progettati da Basile. I disegni e i progetti presentati nella mostra di Belle Arti da giovani allievi di Basile, come Fichera e Fragapane, si distaccavano dall’eclettismo locale, abbracciando invece le tendenze moderniste. Prima di questo evento, il Liberty non si era ancora diffuso a Catania, in parte a causa della scarsità di documentazione sugli architetti locali e della cultura prevalente, che, pur vivace e documentata da numerose riviste, rimaneva legata a posizioni positivistiche e veristiche, influenzata principalmente dall’insegnamento di Rapisardi, con una prevalenza di studi letterari più che di arte figurativa, che risultava arretrata e ancora sotto l’influenza della scuola napoletana. Il rapido sviluppo economico che caratterizzò la Sicilia orientale nel periodo postunitario, e in particolare Catania, non fu accompagnato da un corrispondente aggiornamento culturale; lo sviluppo urbanistico e l’incremento edilizio, avvenuti a partire dagli anni Ottanta, rispecchiavano un processo caotico e spontaneo, legato principalmente all’iniziativa privata, senza un aggiornamento culturale strutturato. Il gusto estetico, che emerse in modo quasi automatico all’inizio del Novecento, non si radicava in un solido substrato culturale, ma si manifestava attraverso interventi isolati di personalità singole e anonimi artigiani di buona qualità. In questo contesto, Catania divenne protagonista della diffusione di un “umanitarismo di palingenesi sociale”, che si concretizzò, tra l’altro, con la costituzione dei Fasci dei Lavoratori nel 1891, che ebbero un forte radicamento tra le masse proletarie urbane e un influsso crescente sulla politica cittadina. L’espansione economica, favorita dalle condizioni naturali e dalla posizione geografica della città, accelerò il processo di industrializzazione, che procedeva parallelamente con lo sviluppo agricolo, l’ampliamento delle ferrovie e la modernizzazione delle infrastrutture stradali. Ciò portò alla formazione di una borghesia agraria e industriale che, insieme alla crescente influenza del socialismo, alimentò un ampio movimento democratico e popolare, che si opponeva ai residui del feudalesimo. Quando la borghesia industriale e agraria prese il controllo dell’amministrazione comunale nel 1902, Catania visse un periodo di forte sviluppo economico, contraddistinto dalla diffusione di giornali progressisti e dalla realizzazione di importanti opere pubbliche, come la preparazione della mostra agricola e l’attuazione di alcuni interventi urbanistici essenziali. In questi anni, Catania veniva descritta come la “Manchester del Mediterraneo” o la “Marsiglia d’Italia”, simbolo di un moderno centro industriale grazie alle sue raffinerie di zolfo e ai suoi impianti industriali. L’aumento demografico, dovuto in parte all’immigrazione dalle campagne e alla formazione di una classe media di piccoli capitalisti e commercianti, creò la necessità di nuovi alloggi, ma queste necessità non furono adeguatamente soddisfatte. Le iniziative architettoniche del secondo Ottocento si concentrarono principalmente sull’ornato pubblico, con la sistemazione del Giardino Bellini, l’inaugurazione del Teatro Lirico e alcune opere di pubblica utilità, ma l’architettura cittadina rimase divisa tra edifici di prestigio, come palazzetti e ville, e una edilizia comune priva di qualità estetica. La speculazione edilizia, promossa principalmente da piccoli capitalisti, portò a una frenetica attività costruttiva che trasformò Catania in una città apparentemente estesa ma con una distribuzione disordinata, che si concentrava nelle aree periferiche, senza una visione complessiva. Il danno estetico derivante da questa espansione caotica fu denunciato da ingegneri come Gentile Cusa, che propose un piano regolatore che limitasse l’espansione della città all’interno della “cinta urbana”, ma la realizzazione di nuovi tracciati stradali fu parziale. Nel corso dei primi due decenni del Novecento, si sviluppò una zona residenziale di prestigio lungo il Viale Regina Margherita, che ospitava ville in stile Liberty, una zona che, purtroppo, è stata quasi interamente trasformata dalla speculazione edilizia a partire dagli anni ’50. La documentazione architettonica di questi anni è carente, ma gli edifici superstiti, così come quelli pubblicati sulle riviste specializzate, testimoniano la diffusione dello stile Liberty a Catania, che si presentava come una fusione di influenze esotiche e di revival storici. Tra gli esempi di maggiore rilievo, si trovano lavori come il chiosco della musica della villa Bellini, il palazzo Mazzone del Malerba e il Sanatorio Clementi del Sada, che riflettono una varietà di influenze stilistiche, tra cui il verismo, l’esotismo nordico e il revival moresco. La diffusione del gusto decorativo modernista si estese anche a edifici meno prestigiosi, come le villette e le case unifamiliari realizzate per la classe media, che cercava di adeguarsi ai modelli più ricchi. Il contributo delle industrie artistiche locali, come quelle della terracotta e della lavorazione della pietra, fu fondamentale per la realizzazione di questi ornamenti. La mancanza di documentazione sui progettisti rende difficile tracciare la storia di questa diffusione, ma alcuni esempi isolati, come il Chiosco Inserra progettato da Tommaso Malerba, rappresentano l’inizio di una riflessione sul modernismo che si rifletteva anche in opere più grandi. L’approccio decorativo, spesso improntato a un realismo floreale, caratterizzava sia gli interni che gli esterni degli edifici, come nel caso del giardino d’inverno della Baronessa Zappalà di Abate e delle case progettate dallo scultore Licata. Un discorso più ampio riguardo al modernismo siciliano può essere fatto soprattutto in relazione alla figura di Francesco Fichera, che, influenzato dalle idee di Ruskin e Taine, cercò di conciliare la funzionalità con le tradizioni locali, attraverso una decorazione ispirata alla natura. Fichera, allievo di Basile, fu interprete delle esigenze della borghesia industriale e agraria, e concepì edifici pratici e comodi, ma nobilitati da dettagli ornamentali che richiamavano tanto il medievalismo quanto soluzioni più moderne, come quelle ispirate alla Secessione austriaca. La sua produzione si concentrò maggiormente su edifici pubblici monumentali e villini per la borghesia agraria, come la Villa Favitta, un esempio significativo della sua progettazione integrale.

Il “censimento” del Liberty in Sicilia ha rappresentato un’importante occasione di verifica sui tempi, i modi e le aree di diffusione del floreale nell’isola, sebbene non possa considerarsi una conclusione definitiva. Questo processo di verifica non dipende solo dai vuoti geografici e topografici che ancora persistono nella ricerca, data l’ampiezza dell’area d’indagine, ma anche dal quadro generale che è emerso progressivamente durante l’opera di schedatura. Tale quadro ha confermato alcuni valori e caratteri già noti del modernismo in Sicilia, ma ha anche aperto la ricerca verso nuove aree di studio, suggerendo nuove dimensioni critiche, talvolta impreviste. Era già in parte prevedibile che Ernesto Basile appartenesse all’area del Liberty, così come altri suoi allievi o epigoni, come Vincenzo Alagna, Ernesto Armò, Salvatore Benfratello, Salvatore Caronia, Giuseppe De Giovanni, Filippo La Porta, Francesco Paolo Rivas, Giovan Battista Santangelo e Giovanni Tamburello. Tuttavia, oltre a confermare le attribuzioni e le datazioni già tramandate, che spesso derivavano dalla tradizione orale, era necessario verificare quelle incertezze persistenti e identificare quelle erroneamente assegnate.

A causa dei tempi limitati, lo studio si è concentrato principalmente sull’area urbana di Palermo, con alcune eccezioni come Catania, su cui hanno lavorato altri ricercatori, e l’area sud-orientale della Sicilia, in particolare Palazzolo Acreide. Le ricerche sul campo e l’esame dei progetti edilizi presso l’Archivio Comunale di Palermo, coprendo il periodo dal 1899 al 1919, hanno offerto nuovi spunti. Da un primo consuntivo del lavoro svolto, è possibile fare alcune osservazioni riguardo ai tempi di diffusione del Liberty. A parte la precocità delle opere di Ernesto Basile, che includeva anche quelle del padre G.B. Filippo, molte realizzazioni di altri architetti risalgono ai primissimi anni del Novecento, rivelando un notevole aggiornamento rispetto al floreale, anche se talvolta superficiale e di breve durata. Le modalità di diffusione del Liberty a Palermo sono risultate più complesse. Sebbene l’edilizia palermitana abbia adottato i canoni e il gusto del Liberty con una certa rapidità, spesso questi venivano stemperati nell’ambito di storicismi stilistici, ispirandosi frequentemente al Quattrocento siciliano. Un esempio di questa evoluzione è il progetto di palazzo Dato, presentato dall’ingegnere Alagna, in cui l’ingegnere comunale S. Castiglia, in relazione al tipo di disegno decorativo, lo definiva come un “scherzo”, ma dichiarava che sarebbe stato approvato se si trattava di un nuovo tipo d’arte a lui sconosciuto. Questo evidenzia la diffidenza iniziale nei confronti del Liberty, che successivamente si sarebbe imposto in forme più vistose, sebbene non sempre “fiammeggianti” come quelle di Alagna. Tuttavia, molte delle opere di Basile sono andate distrutte, tra cui Villa Florio, Palazzo Paternò, il villino Fassini, Villa Deliella e il villino Ugo, con altre demolizioni recenti come quella del Palazzetto Russo Radicella di Benfratello. Questi eventi rappresentano solo alcuni dei tanti casi di cancellazione o danneggiamento irreparabile di edifici che una volta facevano parte di un panorama architettonico ricco di opere in stile Liberty.

Altre opere, come la mostra di Ernesto Armò per la confetteria Guli (1902) e il villino dell’ingegner Emanuele Arangi in via Libertà (1902), sono rimaste documenti incompiuti, sebbene alcune di esse non siano mai state realizzate, come i numerosi progetti di mostre e sale cinematografiche. In particolare, nella relazione per l’ampliamento del palazzo Galati (1909), si fa riferimento alla costruzione dell’attuale Supercinema con esterni in “stile Rinascimento italiano” e interni “in stile Art Nouveau”. Questi esempi ci mostrano la confluenza tra il Liberty colto e l’arte popolare, a testimonianza di un panorama vivace e spontaneo più ampio di quanto potesse sembrare inizialmente. La diffusione di questi modelli estetici si estese non solo attraverso architetti e progettisti “ufficiali”, ma anche grazie alla vasta rete di artigiani che si occuparono della realizzazione dei dettagli decorativi. Molti quartieri di Palermo, come il quartiere Libertà, furono progettati da costruttori locali come i Di Pisa, i Paladino, i Messina, i Rutelli, mentre per le opere minori la paternità va spesso attribuita a una serie di abili artigiani, tra cui i fratelli Li Vigni, stuccatori noti per la loro “autonomia”. Questi artigiani svolsero un ruolo fondamentale nella diffusione del floreale a Palermo e nell’intera isola, rappresentando il “tessuto connettivo” che consentì il trapianto e la diffusione di questo stile in contesti più popolari.

Il lessico basiliano si diffuse a Palermo principalmente attraverso epigoni come Benfratello e Santangelo, ma anche tramite capimastri, stuccatori, intagliatori, ebanisti e fabbri ferrai, che, riprendendo motivi decorativi, contribuirono a una più vasta unità ambientale “floreale”. In molte aree della Sicilia, in particolare nell’area sud-orientale, il floreale si è radicato come arte popolare, creando una continuità con la figuratività medievale e barocca. Questo fenomeno, definito da Antonio Uccello come “il Liberty degli emigrati”, si manifestava anche in centri come Palazzolo Acreide, Vittoria, Chiaramonte Gulfi e Canicattini, dove i modi del Liberty si intrecciavano con tradizioni locali, dando vita a un’interpretazione unica del movimento in Sicilia. Questo imprevisto aspetto del Liberty in Sicilia, che unisce elementi modernisti e tradizionali, offre una nuova prospettiva per ulteriori ricerche.

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