LIBERTY IN PUGLIA. Il modernismo del sud

25 Giu

Il fenomeno del nuovo gusto si diffonde in Puglia con notevoli disuguaglianze, raggiungendo i suoi apici a Lecce e nella penisola salentina. Si tratta di acquisizioni tardive, mediato da trapianti culturali, e, per quanto concerne le ville in campagna, da coloro che tornano nel Sud dopo aver viaggiato o ottenuto successo nel Nord o in Europa, come nel caso del tenore Tito Schipa. In ambito urbano, il Liberty si diffonde con l’industrializzazione e l’espansione dei traffici, in particolare nelle città portuali come Brindisi. Lecce, Brindisi, Bari e Taranto rappresentano realtà culturali distinte, ciascuna con caratteristiche peculiari e spesso atipiche rispetto ai canoni più diffusi. Lecce e la penisola salentina, in particolare, vedono una fioritura particolarmente ricca, dove l’antica tradizione dei tagliapietra, che dalla scultura romanica al barocco ha spinto l’immaginazione verso creazioni numerose ed alte, trova una sua nuova vita nei dettagli ornamentali floreali, fondendo anche elementi provenienti dalla cultura orientale. Questo fenomeno è visibile principalmente nelle piccole ville e nelle costruzioni di dimensioni contenute, nonché nelle case unifamiliari della periferia di Lecce e nelle campagne circostanti, dove i borghesi, arricchiti dal successo nel Nord o nel Sud, costruivano le loro residenze estive. Nel centro di Lecce, invece, le case più grandi, che aspirano a un allineamento con le costruzioni delle grandi città, mostrano un’interpretazione originale dello stile Art Nouveau, con intonaci chiari, strisce dipinte, terrazzi e bowindows che animano strutture che, pur legate allo spazio urbano, si distaccano da esso, grazie alla libertà dei movimenti degli aggetti. La situazione di Bari è ben diversa, dove l’espansione demografica, che comporta un rapido aumento del territorio abitato, crea una città nuova in contrasto con quella vecchia. In questa città, i palazzi sorgono con l’intento di dare un’apparenza decorosa ma senza una vera coerenza stilistica: si alternano soluzioni monumentali di ispirazione Liberty e stili eclettici che rimandano alla produzione genovese dell’epoca, come si osserva nel grande palazzo di Corso Cavour 20-22, e palazzi imponenti che, pur statici nella forma, presentano decorazioni tipiche del Liberty, come teste meduse o motivi a forma di arpa, come nel caso di Via Cordoni 30. Più interessanti sono le costruzioni più recenti, che si avvicinano alle linee della Secessione, ma con una maggiore cura nell’interpretazione, come si può vedere ad esempio nella casa di Corso Cavour 29 e in quella all’angolo tra Via Re Davide e Via Capruzzi, dove spicca un vistoso bowindow angolare. A Brindisi e Taranto, purtroppo, ben poco è rimasto delle costruzioni tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo, a causa dei bombardamenti e delle modifiche indiscriminate apportate al tessuto urbano durante le ristrutturazioni. Tuttavia, qui il Liberty si è sviluppato in forme confuse e ibride, mescolando tradizioni locali con influenze eclettiche. Le acquisizioni più riuscite sono quelle tardive, come la casa di Via F. di Palma 35 a Taranto, che interpreta l’orientamento geometrico della Secessione con una certa proprietà. Le strutture effimere, come quelle progettate per fiere o eventi pubblici, nonché le edicole e le insegne dei negozi, spesso opera di artigiani locali, sembrano esprimere al meglio la fantasia e la cultura del Sud. Nel Salento, tra la fine dell’Ottocento e il 1920, si registra una fioritura architettonica che si allinea con il gusto floreale dell’Art Nouveau, un fenomeno che, pur radicato nell’influenza di architetti e ingegneri formatisi in città come Genova, Napoli e Roma, si adatta alle tradizioni locali, cercando di coniugare la modernità con il conservatorismo di un contesto provinciale. Tali innovazioni riguardano principalmente gli aspetti decorativi, piuttosto che le linee architettoniche, e sono spesso frutto di idee e spunti derivanti dalla lettura delle riviste specializzate del tempo. Il Salento, inoltre, è stato da sempre un punto di incontro tra la cultura bizantina e orientale e quella italiana, mantenendo nei secoli tratti architettonici autonomi che si sono evoluti senza abbracciare tendenze stilistiche precise, ma mescolando reminiscenze locali con influenze nuove. Le realizzazioni salentine non presentano dunque elementi puramente aderenti all’Art Nouveau, ma piuttosto una fusione di stili come il floreale, il moresco, il medievale, il neoclassico e il rinascimentale, che si combinano in un eclettismo persistente. Questo eclettismo si è protratto nel tempo, con il ritardo con cui le novità arrivavano in provincia rispetto alle grandi città, e con l’adozione di queste tendenze solo quando erano ormai fuori moda. I contatti con la cultura Liberty erano in gran parte legati a Napoli, che esercitava una forte influenza sulla Puglia. A Lecce, tra la fine del secolo e l’inizio del nuovo, la crescita urbana portò alla realizzazione di nuovi quartieri e strade, come viale Lo Re e viale Gallipoli, che divennero grandi viali commerciali e di ritrovo, su cui la nuova borghesia locale costruì dimore lussuose. Lo stile floreale salentino si diffuse anche nelle località balneari, come le Cenate di Nardò sulla riviera ionica e Santa Maria di Leuca. La borghesia leccese, influenzata dalla moda della casa di villeggiatura, fece erigere ville in una varietà di stili, dai fastosi edifici moreschi alle più modeste costruzioni in pietra locale. Tra le opere più significative, spicca il villino Don Giovanni Galugnano, progettato per il tenore Tito Schipa, che incarna lo spirito floreale con un’interpretazione allegorica della musica. Un altro esempio simile è la villa Grassi di Monteroni. Tra gli edifici più imponenti, i palazzi Tambonino Frisari in via 95° Fanteria e palazzo Semeraro in via 47° Fanteria, progettati da Pasquale Franco, mostrano una contaminazione audace tra il barocco leccese e il Liberty. Va inoltre menzionato il filone moresco, che in Puglia, e in particolare a Lecce, perde le caratteristiche fiabesche tipiche del Veneto e la pesantezza siciliana, trasformandosi in un delicato merletto che avvolge le costruzioni, favorito dalla malleabilità della pietra locale. Per quanto riguarda le decorazioni, sebbene non sempre equilibrate, ci sono esempi di eleganza sobria, come nella villa Forte a Nardò, che combina il bianco mediterraneo arabo e greco con l’Art Nouveau. Gli interni delle case, spesso cambiati e non restaurati correttamente, sono in gran parte andati perduti, mentre alcune strutture interessanti, purtroppo, mancano di funzionalità, concentrandosi più sugli aspetti decorativi che sulla funzionalità strutturale. In generale, la rapida fine di questo stile è visibile nelle molte costruzioni lasciate incompiute, progettate per essere completate successivamente ma rimaste ferme nel tempo.

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